TORRITA DI SIENA
TORRITA DI SIENA
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- Perugia (65 km, 50 min. d’auto)
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Torrita di Siena e le sue Torri
Il nome “Torrita” compare per la prima volta su un codice amiatino del 1037. Il castello, soggetto alla sovranità e alla difesa della repubblica di Siena, era protetto da una cinta muraria munita di torri quadrate e di quattro porte di accesso: Porta Gavina, Porta a Sole, Porta Nova e Porta a Pago.
Fu baluardo avanzato (castrum) di Siena nella lotta contro Montepulciano; successivamente, nel 1554 venne conquistata da Firenze e assoggettata al potere mediceo.
A partire dagli inizi del Novecento conobbe un grande sviluppo soprattutto per quanto riguarda le attività artigianali e della lavorazione del legno. Situata su un colle, a 325 m s.l.m., Torrita è una ridente cittadina della Valdichiana senese.
Il centro storico, racchiuso entro la cinta muraria risalente al XII secolo e di cui si possono ancora osservare alcune parti, offre al visitatore angoli caratteristici e opere d’arte non trascurabili. Percorrendo i vicoli dei paese ci si sente avvolti da un alone misto di storia e di leggenda, basti pensare a via Ghino di Tacco, via dei Pecorai o via della Lupa. L’accesso dalla Porta Nova consente di giungere come prima tappa alla Piazza Matteotti, da sempre centro della vita culturale e religiosa del paese. Vi si possono ammirare il Palazzo Pretorio (oggi sede del Comune) di origine duecentesca, che staglia verso l’alto la sua torre, oggetto nei secoli di numerosi restauri; il Teatro Comunale e la Chiesa delle SS. Flora e Lucilla.
La piazza rappresenta il punto di incrocio delle strade che conducono alle quattro porte di accesso al paese e conserva ancora al centro l’antica cisterna (o pozzo) che nei secoli passati era utilizzata per l’approvvigionamento idrico di tutto il paese. Accanto al Palazzo Comunale sorge il Teatro Comunale “degli Oscuri”, nato per volontà dell’omonima Accademia nel XVIII secolo ed all’interno del quale è visibile un busto collocato per celebrare il cantante lirico Giulio Neri, cui Torrita ha dato i natali nel 1909 e del quale è ancora molto vivo il ricordo tra i suoi concittadini.
La romanica chiesa di S. Flora e Lucilla è la più antica entro le mura del castello, risale al 1300 e conserva numerose opere d’arte, tutte degne di nota. La più importante è senz’altro la lunetta in bassorilievo Il Sangue del Redentore attribuita a Donatello. Inoltre si può ammirare un trittico di Taddeo di Bartolo, pittore senese dei 1300, una crocifissione datata 1444, di scuola fiorentina, una tela raffigurante la Madonna con Bambino e gli apostoli Andrea e Giovanni, opera di Benvenuto di Giovanni. La tela Prima visione del Beato Ambrogio Sansedoni, proveniente dalla chiesa della Madonna delle Fonti, è attribuita a Francesco Volpi ed è datata XVIII secolo.
Proseguendo lungo via Ottavio Maestri si incontra quindi la chiesa di S. Croce, edificata nel 1642; è in stile barocco e conserva una tela del pittore senese Francesco Rustici detto Il Rustichino. La Chiesa di San Martino e Costanzo è stata costruita nel 1631 a croce latina, conserva all’interno la “campana grossa” risalente al 1454. Percorrendo la vicina via della Lupa, si può ammirare nelle giornate soleggiate una splendida vista della Valdichiana: fertile pianura, una volta palude, fu bonificata da Leopoldo II di Toscana ad opera dell’architetto Fossombroni. La via della Lupa conduce a Porta Gavina, forse la più nota delle quattro porte, sia per l’architettura che per il portone ligneo del 1200, recentemente restaurato. Via Cesare Battisti conduce a Porta a Pago, che si apre sul lato nord delle mura. Il suo nome deriva da pagum, l’antico villaggio che sorgeva sulla collina antistante. Altre fonti la collegano al pagamento del dazio per l’arrivo delle merci nel paese.
Risalendo via Dante Alighieri, si giunge di nuovo in Piazza Matteotti, da cui, attraverso via Ghino di Tacco, il vicolo dei Fabbri e il vicolo dell’Ospedale, si possono ammirare angoli meno noti ma molto caratteristici, come le arcate di pregevole fattura e gli edifici che conservano il loro aspetto inalterato nel tempo. Per uscire dalla cinta muraria si arriva a Porta a Sole, ove probabilmente sorsero le prime case di legno abitate dalle famiglie dei soldati preposti alla difesa del castello. Davanti al visitatore si apre lo spazio denominato “Gioco del Pallone”, luogo di ritrovo per i giocatori di tamburello e teatro della festa paesana del “Palio dei Somari”. In fondo al “Gioco” si erge nella sua purezza di forme il piccolo oratorio dedicato alla Madonna delle Nevi, costruito nel 1525 in onore di Maria, allorché una grave pestilenza afflisse la Comunità. Sul portone d’ingresso è collocata una copia della Lunetta di Donatello, poiché originariamente l’opera era qui ospitata; all’interno si trova un affresco attribuito a Girolamo Benvenuto del Guasta, raffigurante l’Assunzione di Maria.
Lungo la strada che conduce a Sinalunga si trova la chiesa della Madonna delle Fonti, sorta nel 1665 per ricordare il prodigio verificatosi presso una fonte d’acqua che sorge nel luogo. Imboccando poi la strada che corre tra due file di cipressi e che conduce al cimitero, troviamo la più antica Chiesa di Torrita, la Madonna dell’Olivo, anticamente dedicata a S. Costanzo, patrono del paese. Secondo alcune fonti l’edificio sarebbe stato costruito sui resti di un antico tempio dedicato a Cerere, dea della fecondità dei campi.
Torrita di Siena ha dato i natali a diversi personaggi storici tra i quali ricordiamo: “Frà Jacopo da Torrita” e “Ghino di Tacco”. Il primo è certamente il personaggio più illustre e celebre di Torrita. Francescano, restauratore dell’arte del mosaico nel XIII secolo ed anche pittore, viene ricordato dalla via che porta alla Collegiata e da un medaglione nella sala del Consiglio Comunale dove si trova un suo ritratto. Nella Enciclopedia del Cristianesimo edita nel 1947, a proposito di fra Jacopo si legge: “Jacopo da Torrita prese il nome dal paese natale”. Va ricordato per le sue opere della fine del XIII secolo ed in particolare per i mosaici mariani in Santa Maria Maggiore a Roma, dove nell’abside sono stati da lui compiuti lavori di restauro con proprie modifiche. Altre sue testimonianze sono i vari tondi dipinti nella seconda crociera della Basilica Superiore di Assisi.
Ghino di Tacco nacque a Torrita dalla famiglia Cacciaconti Monacheschi Pecorai, una delle famiglie dei grandi di Siena. Il padre Tacco, assieme ai suoi due figli, Ghino e Turino, commetteva furti e rapine ed aveva anche appiccato il fuoco al castello di Torrita; fu condannato per aver ferito gravemente Jacopino da Guardavalle; Ghino fu espulso dal contado senese e si rifugiò a Radicofani, punto di collegamento tra il dominio Pontificio e lo Stato di Siena. Volle poi punire il giustiziere del padre e così andò a Roma al comando di quattrocento uomini, entrò in tribunale e tagliò la testa a Benincasa di Arezzo, infilandola poi sulla picca; tornò quindi a Radicofani dove cominciò ad esercitare ampiamente l’”arte della rapina”. Memorabile il trattamento riservato all’abate di Clunj, catturato mentre si recava alle acque termali di San Casciano dei Bagni per curare un mal di stomaco. L’abate venne rinchiuso e nutrito con pane e fave secche che gli guarirono prodigiosamente il male; riconoscente, l’abate intercesse presso il papa Bonifacio VIII ai fini di una riconciliazione con Ghino. Il Papa si convinse e lo nominò Cavaliere di S. Giovanni e Friere dell’ospedale di Santo Spirito, titolo che annetteva una vasta commenda. Il luogo della morte è incerto, alcuni dicono Roma, Benvenuto da Imola lo vuole assassinato a Sinalunga.